Prendiamo una frase che mi capita spesso di sentire ai seminari: “Non mi capisco più! Non so come sto! Faccio fatica a dormire e quindi penso!”
“Non mi capisco più”
Come possiamo capirci se non ci ascoltiamo? Come possiamo ascoltarci se non ci fermiamo? E come possiamo fermarci se non siamo capaci a stare?
Nello STARE c’è il SENTRISI, ascoltare chi siamo per quel che siamo, invece siamo abituati a sapere chi siamo in base a quel che facciamo, ecco la difficoltà di stare fermi: se non faccio non so chi sono!🙈
Dobbiamo fare un passo indietro: tornare bambini, infanti. Essi imparano chi sono interagendo con l’ambiente che li circonda ascoltano le proprie emozioni e quelle degli altri. Semplice! Invece, noi da adulti ci chiediamo cosa pensano gli altri (nemmeno sappiamo i nostri pensieri, come possiamo pretendere di conoscere quelli degli altri), crediamo che dietro a una risposta secca ci sia odio, rancore, vendetta, crediamo che l’altro voglia il nostro male, pensiamo all’invidia, diamo dei “perché” che però non hanno senso. Tutte attività mentali che vanno ben oltre ai “dati di fatto”. Un infante non si chiederebbe tutte quelle cose, non si costruirebbe un film, prenderebbe la cosa per quel che è.
Il fatto è che pretendiamo di sapere perché gli altri hanno agito in un modo, quando non capiamo nemmeno noi stessi... la base è ASCOLTARE noi, non il fiume di pensieri, ASCOLTARE LE EMOZIONI CHE AFFIORANO, PARLARCI.
Un esempio...senza identificarsi in una emozione dicendo “oggi sono arrabbiato”, ma “questo mi suscita rabbia, sento che mi minaccia, che espone la mia parte fragile, che ancora non riesco accettare”... ecco come ci si capisce: scopriamo che tutto deriva dal non riuscire accettare di essere fragili.
“Non so come sto!”
Eh, come possiamo saperlo se non siamo presenti nella nostra vita? Non siamo presenti in quello che facciamo: mentre puliamo i piatti pensiamo a visa faremo fra un’ora. Ma se rompiamo un bicchiere siamo la colpa al destino anziché alla nostra “mancata presenza”.
Come possiamo sapere come stiamo, se non “stiamo”? Nel senso del verbo STARE, siamo indaffarati, facciamo, di corsa, in fretta, già con la mente al dopo. Lo stare è rimanere come alberi, come un gatto alla finestra, come un’anatra in uno stagno...
“Faccio fatica a dormire e quindi penso”
Qui ci stiamo dicendo una frottola! La frase vera è: penso, quindi faccio fatica a dormire.
Spesso ci piace stare nei problemi, dà l’illusione di poterli risolvere rimanendoci dentro. Invece, fa salire l’ansia, perché in quel momento possiamo pensarlo e nulla più: non si possono “risolvere”.
Senza tenere conto che il punto di vista occidentale/matematico ci dice che a un problema esiste una soluzione, in natura (cioè la Vita) esistono situazioni con molteplici “effetti”, semplicemente succede che a volte è una soluzione che non ci fa comodo! 😉 non è che non ci sia: quella non ci va!
Quindi, vieni a qualche seminario, per esempio sabato 30 mattina lavoriamo sull’ASCOLTO DI SÉ, attraverso posizioni di yoga semplici, RILASSAMENTO GUIDATO.
Basta portarsi il necessario per stare comodi: tappetino, coperta, cuscino.
Nicoletta De Col
3409717791
(Non rispondo in ore serali e in giorni di riposo)