Alcune cose che affronteremo il 7 Aprile.
Durante una seduta con i clienti per affrontare questioni posturali ed emotive, quando chiedo “come ti senti?” molte persone tendono a rispondermi:
“oggi ho male alla schiena!”
“Insomma, ho male a un polso”
“Male: mal di testa”
“Si va avanti: sopporto gli acciacchi”
E così via.
Il primo collegamento che si tende a fare in automatico è il seguente: sentire-> dolore fisico-> ricerca soluzione veloce.
Non siamo più abituati a sentire davvero! Vediamo perché...
Oramai, il nostro stile di vita si basa su compiti prevalentemente cognitivi e tanti, troppi compiti esecutivi (tanti impegni da fare di fretta per risparmiare tempo e fare altre cose di fretta🤔).
Il pensiero è un procedimento veloce, che non sempre segue i tempi di un linguaggio interno.
Eseguire le cose velocemente non permette di mettere la stessa attenzione che concederebbe compierle con più tempo a disposizione.
Spesso dietro tanti impegni c’è il non voler sentire, il non voler percepire il proprio dolore interno: il dolore psichico intriso di delusioni, di “non sentirsi amati”, di voler attenzione, di tristezza, rabbia, ecc.
Il sentire richiede tempo e “vero ascolto”.
Siamo abituati a dire che ci fa mal di schiena, ma non che la moglie/il marito ci ha delusi.
Siamo abituati a dire che abbiamo male a un piede, ma non che sentiamo di voler scoppiare in lacrime.
il dolore ci aiuta a capire, riconoscerlo è il primo passo per arrivare alla positività.
Come, il classico esempio, dopo una notte buia le sfumature dell’alba sembreranno ancora più magiche, i raggi del sole regaleranno brividi di piacere, e sembrerà si odorare il cielo azzurro.
Quindi... “come ti senti oggi?”